venerdì 27 febbraio 2015

Diario di una... Commessa per bene #2 Il Capo

E come in ogni rubrica che si rispetti partiamo dal principio, qual è il principio di un'attività lavorativa? Ovviamente il boss, il capo, il leader incontrastato! 
Bene, avete presente quel capo gentile? Quello con cui puoi parlare, confidarti, discutere se qualcosa non va bene, se avete dei problemi? Sì, proprio quel genere di persona lì, ce l'avete presente allora?
Bene, io no.

Il mio capo era tutt'altro che simpatico, comprensivo e buono d'animo. 

Diamogli un nome però: il premio simpatia dell'anno lo vince il signor Sjelko! Applausi dagli spalti, la folla è in delirio.

Per la mole dell'uomo che urla, potrebbe
tranquillamente essere il nostro amico Sjelko

Ok, andiamo avanti.
Sapevo che era in grado di parlare solo per la sua esclamazione preferita: "Cazzo!", usata in qualsiasi occasione, dai momenti di ira funesta a quelli di sorpresa; una parola per ogni occasione? Cazzo è quella che fa per voi. 
La cosa divertente però è che non lo diceva, anzi non lo dice (non è morto) come una persona normale (piccola parentesi: è straniero, per la precisione serbo), ma allunga la A e la rende aspirata, e ovviamente lo urla ogni volta, se non urli godi solo a metà, no?
Semmai ti troverai a parlare con lui stai sicuro dunque che almeno un "cazzo" verrà detto, ma va tutto bene, semmai avrai la sfortuna di lavorare per quest'uomo ti abituerai a non essere assolutamente trattato come una persona.

Quando iniziai quel lavoro, avevo una vaga idea a cosa stavo andando incontro. Il boss era infatti il padre di una persona che conoscevo, quindi dai racconti sapevo quanta simpatia e dolcezza c'erano in quel corpo da Hulk. Andai a fare il colloquio insieme ad un'amica, e nonostante fossimo in due il suddetto durò meno di cinque minuti, tutto quello che mi chiese fu che esperienza avevo nel settore (nulla), e quanta voglia di lavorare c'avevo.
«Prenderete all'incirca 650 euro al mese, straordinari pago 6 euro. Si comincia mattina alle cinque e mezza. Se vi interessa venite qui domani alle cinque e mezza a vedere.»
Queste furono le sue esatte parole, due minuti dopo io e la mia amica ce n'eravamo andate e parlavamo animatamente del mini-colloquio, incoraggiandoci a vicenda e decidendo che in un modo o nell'altro potevamo farcela. Non è facile muoversi coi mezzi di trasporto alle cinque e mezza di mattina nella città in cui vivo, ed io e lei non avevamo lo straccio di un'auto, uno scooter, una bicicletta, un monopattino! Spulciammo attentamente gli orari degli autobus finché non trovammo che ce n'era uno che ci avrebbe portato al lavoro, mezz'ora prima dell'orario previsto, ma non potevamo fare altrimenti.
Il lavoro non era neanche nella mia città di origine, ma io stavo solo cercando un pretesto per uscire di casa, così presi la palla al balzo.
Insomma, sapevo a cosa andavo incontro, ma al tempo stesso non avrei mai pensato che quell'uomo fosse così burbero e sì, pure maleducato forte.
Devo però anche ammettere che rispetto alle mie colleghe io sono stata immensamente fortunata, in tutti quei mesi lavorativi non mi ha mai urlato addosso e no, non è come pensate, come ho detto prima urla per qualsiasi monata.
Mi è purtroppo capitato di assistere più di una volta alle scenate fatte alle mie colleghe, soprattutto ad una: Sara, la ragazza più dolce della città probabilmente, e lui, finché lei non si è stufata e si è licenziata, l'ha sempre trattata come una cacca spiaccicata a terra. Si arrabbiava con lei per qualsiasi cosa e spesso e volentieri le urlava addosso che era una stupida, un'idiota o una deficiente. La cosa più fastidiosa è che non potevi neanche rispondergli, in quanto come provavi a dirgli che magari aveva capito male, che forse non era colpa tua lui alzava ancora di più il tono di voce urlandoti che non dovevi osare rispondergli, però sì, dovevo stare zitta e farmi insultare, mi sembrava un ottimo compromesso.

Insomma, questo è solo l'inizio, se vi è piaciuto tornate la prossima settimana per la prossima puntata e come si dice nella mia regione per salutare quando si va via: mandi!

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