lunedì 18 luglio 2016

Intervista a Rosalia Messina, a cura di Elisa Costa


Dopo una lunga pausa dettata dalle lunghe ferie eccomi qui, oggi ospito sul blog un'intervista all'autrice di Morivamo di Freddo ossia Rosalia Messina. L'intervista è a cura di Elisa Costa.


Spendiamo giusto due paroline sulla trama (dal sito dell'editore) di questo romanzo e poi lasciamo la parola ad Elisa appunto.

Mauro e Sandra, Guido e Loredana. Quattro amici, due coppie. Attraverso due tragedie e con il passare del tempo scopriranno che nessuno di loro conosceva davvero gli altri. Enrico, il figlio di Mauro e Sandra, si è costruito una vita al riparo da scosse emotive. Gli attacchi di panico e la necessità di prendersene cura metteranno a dura prova le sue solide protezioni. Rosalia Messina racconta le vicissitudini del dolore lungo due generazioni sotto il cielo color ardesia di Catania.

Ed ora l'intervista.
Ciao Rosalia! Vorrei farti qualche domanda a proposito del tuo romanzo, “Morivamo di freddo”. Cominciamo?
Volentieri, grazie!

1) Uno dei personaggi tiene un diario segreto che si rivelerà molto importante. Tu confidi o hai mai confidato i tuoi pensieri alle pagine di un diario? Perché?

Da ragazza sì, però non in modo continuativo. Scrivere mi aiutava a mettere ordine nei pensieri, nel caos interiore. Poi, crescendo, la contemplazione del proprio ombelico diventa meno interessante. Almeno, a me è successo così e quindi ho smesso di riempire pagine con i flussi di coscienza. Però, a ripensarci, è un bell’esercizio.

2) Proprio nel diario di questo personaggio leggiamo il resoconto di un progetto di impegno politico conclusosi in modo deludente. C’è uno spunto autobiografico in questo particolare? La disillusione dei protagonisti del romanzo è stata anche la tua?

La parte del romanzo che riguarda i quattro personaggi adulti fotografa un percorso tipico della mia generazione, quello che va dalle illusioni sessantottine al riflusso e all’assestamento in una vita da giacca e cravatta. Echi di conversazioni ascoltate o alle quali ho partecipato risuonano nella pagine del romanzo. La vita ha molti modi per farsi parola scritta.

3) Nel racconto si parla di relazioni coniugali infelici e di rapporti apparentemente perfetti. Qual è il segreto del meraviglioso matrimonio di Guido e Loredana?

Forse proprio quello di non essere davvero perfetto. Loredana ammette che alcuni tratti del suo carattere e di quello del marito sono tutt’altro che ammirevoli. Guido pensa che nella ricetta per il matrimonio di lunga durata l’ingrediente fondamentale è il rispetto delle zone d’ombra, dei silenzi. Secondo me, ogni relazione funzionale si regge su equilibri suoi, non esportabili e difficili da comprendere e da spiegare anche per i protagonisti del miracolo. 

4) Per quale motivo, secondo te, ci sono persone che accettano di restare tutta la vita accanto a qualcuno che non le ama, come capita alla madre del protagonista?

Per insicurezza, per paura della solitudine, per malinteso senso del dovere. Sandra non è abbastanza sicura di sé da voler guardare in faccia la sua vita e imprimerle una direzione, si lascia vivere, si accontenta e alla fine deve arrendersi all’evidenza del vuoto.

5) Passiamo a una domanda che ti riguarda da vicino: oltre al tuo evidente amore per la scrittura, che rapporto hai con l’arte nelle sue innumerevoli forme? 

Amo la bellezza e quindi tutte le espressioni creative, con una predilezione per quelle che narrano storie: oltre alla letteratura, il cinema e il teatro. Ma anche la pittura e la fotografia, che pure in qualche modo rappresentano storie e, qualche volta, la Storia.

6) Ora vorrei fare un piccolo confronto tra “Morivamo di freddo” e “Marmellata d’arance”, un altro dei tuoi romanzi. In entrambi viene trattato il tema del suicidio… Posso chiederti se ne parli così spesso perché un evento simile ha attraversato la tua vita?

Attraversato no, ma ho conosciuto famiglie in cui uno dei componenti aveva deciso di non voler più affrontare il quotidiano, mi è accaduto in diverse età, anche da bambina. Mi ha colpito molto, in due casi (erano donne) il passaggio repentino dal corso ordinario delle cose al gesto definitivo, con i dettagli strazianti delle faccende lasciate incompiute e gli umili oggetti posati con garbo, come se l’interruzione fosse momentanea.
7) Un altro tratto che i due libri hanno in comune è la presenza di un protagonista dal carattere deciso e incline a sottrarsi alle emozioni. Enrico e Fabrizia sono forse l’alter ego l’uno dell’altra?

Di queste somiglianze si accorgono i lettori attenti, come sei tu. Mentre si scrive tutto è più sfumato. Un personaggio nasce attraverso un processo complicato, non per costruzione razionale ma per empatia, almeno per me: lo si deve ascoltare e capire dove vuole andare. E a un certo punto eccolo, è lì, vivo. Enrico e Fabrizia sono simili, è vero. Ma hanno due modi differenti di affrontare il gelo emotivo. Enrico lo fa da uomo, intraprende una terapia perché gli attacchi di panico sconvolgono la sua vita riparata. Fabrizia conta solo sulle sue risorse, non vuole “guarire”, vuole capirsi e capire suo padre, sua madre. 

8) Un’ultima domanda: cosa ne pensi della psicanalisi? Secondo te è davvero utile, come è stato per Enrico, oppure nutri qualche riserva in proposito?

Dipende da quanto è bravo il terapeuta e da quanta voglia ha il paziente di attraversare il buio per vedere la luce.

Ti ringrazio tanto per la gentilezza e l’attenzione. In bocca al lupo per tutti i tuoi progetti!

Grazie a te per l’attenta lettura dei miei librini e per le interessanti domande!.

Se l'intervista, condotta da Elisa Costa, vi ha colpito e la trama affascinato e magari volete saperne di più potete trovare qui una recensione, curata dal blog Books and More. 

Nessun commento :

Posta un commento

Se avete qualcosa da ribattere o comunque volete lasciare un commento fate pure. Sarò felice di leggere e di rispondervi il prima possibile!