mercoledì 8 giugno 2016

Il Museo dell'Innocenza - Orhan Pamuk

Titolo: Il Museo dell'Innocenza
Titolo Originale: Masumiyet Müzesi
Autore: Orhan Pamuk
Pagine: 585
Casa Editrice: Einaudi
Uscita turca: 2008
Uscita italiana: 2009

Questa è probabilmente una delle recensioni più difficili che io abbia mai fatto. Il Museo dell'Innocenza di Orhan Pamuk mi è stato caldamente consigliato da un amico in quanto suo libro preferito in assoluto, bellerrimo, favolerrimo, assolutamente da leggere. Eh vabbè, leggiamolo insomma!
Troppe aspettative perché vi dirò, nonostante l'autore sia un premio nobel (non con questo romanzo) non mi ha fatta impazzire.
Potevo essermi innamorato di lei? Ero felice e inquieto allo stesso tempo. Questa confusione mi fece intuire che la mia anima avrebbe potuto lacerarsi tra il pericolo di prendere questa felicità sul serio e la meschinità di prenderla alla leggera.
Andiamo con una trama però.

Il romanzo è la guida al Museo inventato da Kemal, appunto il Museo dell'Innocenza, grande monumento all'amore provato dall'antico giovane per Füsun. 
Al termine del loro giro, i visitatori del museo testimonieranno al mondo intero che la relazione tra Kemal e Füsun non è una semplice storia d'amore, come quella tra Leyla e Mecnun o Husn e Asic: è la storia di un mondo, o in altri termini, la storia di Istanbul. Un altro raki, signor Orhan?
Kemal è un giovane di Istanbul di buona famiglia, fidanzato con la bella Sibel, anch'ella di buona famiglia. Stanno per sposarsi ed entrambi sono contenti ed appagati della scelta presa. Sembrerebbe idilliaco, solo che Kemal, poco prima del fidanzamento ufficiale, incontra Füsun, sua lontana parente. Füsun è giovane e poco ingenua, i due s'innamorano ma purtroppo il loro amore deve finire, Kemal ha degli obblighi verso Sibel. Il giovane non vuole rinunciare né alla futura moglie né all'amante ed è così che le perde entrambe. Füsun sparisce dopo il fidanzamento e Sibel dopo averci provato e riprovato lascia Kemal al suo destino. Kemal non può mettersi l'anima in pace, perché ossessionato dalla giovane Füsun e così inizia una ricerca lunga ed estenuante per riuscire a ritrovare il suo amore perduto.
Baciarci per noi non era più, come durante i nostri primi incontri, solo un qualcosa di eccitante a cui ci abbandonavamo per conoscerci e sperimentare i nostri corpi, per esprimere l'attrazione reciproca che provavamo, ma era ormai un gesto che facevamo per il nostro piacere, per il piacere che ci regalava in sé, e di cui, un bacio dietro l'altro, scoprivamo con meraviglia la sua vera essenza. Per la prima volta nelle nostre vite capivamo che in ogni bacio, oltre alle nostre bocche bagnate, alle nostre lingue, entrava in gioco qualcos'altro: i nostri ricordi. Così, ogni volta che la baciavo, prima baciavo lei, poi il ricordo di lei, poi aprivo gli occhi per un'istante, li richiudevo, e di nuovo baciavo lei e il ricordo di lei.
Ed ora la mia modesta opinione su tutto ciò.

Non è un romanzo facile da leggere, o meglio mi correggo: il primo centinaio di pagine scorre veloce in quanto la storia narrata è interessante ed è quella riportata nella trama sopra. In queste prime pagine non potrai non immedesimarti coi personaggi e non potrai non avere delle opinioni abbastanza forti, io di mio non sopportavo l'indecisione di Kemal. Sono le successive 400 e passa pagine che fanno passare la voglia di vivere da certi punti di vista.
Le 120 pagine che seguono sono un susseguirsi della ripetizione dello stesso concetto: Kemal è disperato perché vuole trovare Füsun che non si fa trovare, lui la ama e vuole stare con lei, quindi passa il suo tempo a vegetare nella stanza dove si trovavano per fare all'ammmore, sviluppando anche uno strano fetish: annusare tutto ciò che lei ha toccato nella speranza di poter sentire il suo odore.
Se da una parte avevo bisogno degli oggetti che mi ricordavano Füsun per alleviare la mia sofferenza, dall'altra, quando il mio dolore si placava, volevo liberarmi di quegli oggetti, di quella casa, perché mi ricordavano la mia malattia, una malattia che ottimisticamente pensavo stesse scomparendo. 
Finalmente dopo 120 pagine la trova ed uno s'aspetta la svolta, che c'è per un po', finché Pamuk non decide di andare avanti a raccontare una sfilza di serate passate dai due giovini a casa dei genitori di lei, in cui fanno sempre le stesse cose, sempre le stesse cose, sempre le stesse fottute cose.
Ciò che è descritto è ciò che pensa Kemal, tutti i suoi sentimenti e pensieri. Può essere interessante certo, ma secondo me è tutto troppo ripetitivo e ad un certo punto annoia.
Non posso però solo condannare questo romanzo in quanto l'ho trovato interessante per il contorno storico in cui è inserito ed infine è anche l'entrata verso una cultura così distante sia nel tempo che nello spazio dalla nostra.
Dei personaggi alla fine conosciamo bene solo Kemal, l'io narrante, entriamo nella sua testa talmente tanto da poterci alla fine immedesimare tranquillamente in lui. Füsun c'è, ma la conosciamo tramite lui, non sappiamo quello che pensa, sappiamo solo quello che Kemal può pensare che pensi, Füsun è per il lettore alla fine intangibile.
Il finale mi ha poi lasciato di merda (si può dire, no?), non mi aspettavo certo un lieto fine, ma neanche la tragedia più totale descritta nel romanzo. Mi è parsa un po' una presa per il culo a Kemal, ma soprattutto a me.
Geniale invece Pamuk nel volersi inserire nella storia, adoro sempre questi autori che si inseriscono come personaggi nei loro stessi romanzi.
Uno scrittore avrebbe dunque potuto redigere il catalogo del mio museo, scriverlo come fosse un romanzo? Da parte mia io non volevo nemmeno provarci a scrivere un libro del genere. Chi avrebbe potuto farlo per me? Così decisi di chiamare Orhan Pamuk, che con la mia autorizzazione ha scritto questo libro utilizzando la prima persona.
Per riassumere: è un libro che non mi ha fatto impazzire, troppo lento da certi punti di vista, non me la sento neanche però di condannarlo, è un genere e prima o poi secondo me va letto, è una storia che emoziona e qualcosa lascia sicuro.
- L'ultima cosa che volevo dire al lettore è questa. Non se ne dimentichi, signor Orhan... - Non lo dimenticherò. Baciò con una tenerezza infinita la foto di Füsun e la ripose con cura dentro la tasca interna della giacca. Poi mi sorrise vittorioso. - Tutti devono saperlo: ho avuto una vita felice.
Citazione preferita:
"A volte basta un gesto, uno sguardo, per cambiare il percorso di una vita. Un gesto breve può avere effetti molto lunghi e lontani nel tempo."
Voto:


Sicuramente un dettaglio interessante: la storia si dice non sia una storia vera, ma Pamuk ha deciso comunque di costruire ed allestire sul serio Il Museo dell'Innocenza ad Istanbul.

Nessun commento :

Posta un commento

Se avete qualcosa da ribattere o comunque volete lasciare un commento fate pure. Sarò felice di leggere e di rispondervi il prima possibile!