lunedì 12 ottobre 2015

Intervista a Thomas Melis

Pubblico oggi l'intervista a Thomas Melis, autore di A un Passo dalla Vita, romanzo che ho particolarmente apprezzato anche se le tematiche erano per me difficili da leggere, sono cose che, come ho scritto nella recensione, mi fanno arrabbiare.
Ad ogni modo basta parlare io, diamo la parola a Thomas.

Via all'intervista!

- Ci fai una piccola presentazione di te? Dicci quello che ti va.

“Prima di tutto voglio ringraziarti per questa intervista e salutare tutti i lettori del blog. Che dire? Niente di particolare, sono un autore esordiente che da circa un anno è entrato in questo nuovo mondo dell’editoria. Ho studiato Lettere e Filosofia all'Università di Firenze e Relazioni Internazionali in quella di Bologna. Durante quegli anni, ahimè ormai lontani, ho pensato per la prima volta a scrivere un libro che trattasse di un certo tipo di tematica sociale incentrata sui drammi e sulle responsabilità della mia generazione, la cosiddetta generazione perduta – il copyright appartiene a Mario Monti –, quella dei nati negli anni ‘80. Nell'ottobre del 2014 ho finalmente pubblicato il mio primo romanzo, intitolato A un passo dalla vita e, inutile sottolinearlo, sono molto felice di questa esperienza”.
- Come ti sei avvicinato al mondo della scrittura?

“Diciamo che è tutto partito dalla lettura. Fin da quando ero bambino ho letto moltissimo. Ciò è stato fondamentale nello spingermi verso le facoltà di cui ho parlato e nello sviluppare in me la passione per la narrativa. La svolta è però arriva a seguito di un’esperienza professionale che ha inciso molto sulla mia capacità di utilizzare lo strumento della scrittura. Durante gli anni dell’università avevo avuto occasione di cimentarmi nella stesura di testi complessi, sia prima sia dopo la tesi, ma mi rendevo conto che tale formazione non era sufficiente. Mi sono quindi trovato a lavorare nel campo della consulenza aziendale e istituzionale, un campo in cui è necessario scrivere, praticamente, per l’intera giornata lavorativa, utilizzando i registri più diversi. Questa è stata una sorta di palestra di scrittura e mi ha aiutato molto in seguito. Nello stesso periodo, inoltre, ho avuto occasione di collaborare con riviste on-line di politica ed economia, un’attività che si è configurata come vero e proprio anello di congiunzione tra la scrittura professionale e quella artistica di A un passo dalla vita”.

- Nel nostro scambio di mail abbiamo parlato della natura quasi cattiva dei tuoi personaggi. Spiega un po' ai nostri lettori perché la scelta di questo tipo di caratterizzazione che definirei un po' "oscura".

“Partiamo dal presupposto che tale  tipologia di personaggio è un po’ una costante del genere noir, quindi, come dicevamo tra noi via mail, esistono tante figure precedenti che mi hanno influenzato, per esempio Giorgio Pellegrini o Gigi Vianello del grande Massimo Carlotto. Questo solo per dire in Italia, perché nella letteratura straniera, sempre di genere, questa scelta è estremamente diffusa, mi viene da pensare ai personaggi di Pedro Juan Gutiérrez o di Donald Goines. Il problema tutto italiano è che qui siamo abituati alla realtà delle fiction RAI, per farla breve, dove il buono è puro e casto sul suo cavallo bianco mentre il malvagio è scuro, sporco, brutto e spietato. Nella realtà non funziona così, credo sia chiaro. Non è detto che il poliziotto sia sempre bravissimo e il criminale totalmente marcio, la linea di demarcazione non è mai così netta. Ecco, io ho cercato di ricreare questo stato di cose. C’è anche da dire che ultimamente, anche nella TV nazionale, certe abitudini stanno cambiando, basti pensare a un personaggio come Ciro Di Marzio della celebre serie Gomorra”.

- La tua è una storia cruda, che non leggi sicuramente sorridendo. Come ti è venuta l'ispirazione? Hai tratto degli episodi da eventi realmente accaduti?

“Beh, credo che basti dare un’occhiata alle pagine di cronaca nei quotidiani, vogliamo fare qualche esempio? Parliamo della tragica morte del ragazzo sedicenne nella discoteca Cocoricò di Riccione, nel luglio di quest’anno. A vendergli la droga non è stato un pusher da strada, un criminale incallito, è stato un suo compagno di scuola, appena più grande - diciannove anni –, di buona famiglia e con un futuro che non avrebbe dovuto svoltare in quella direzione. Perché mettersi a spacciare droga? Per i soldi? Per le apparenze? Per vivere una vita veloce in una società che sembra non avere direzione? Ecco, sono gli argomenti che ho cercato di trattare nel mio romanzo. Facciamo ancora un esempio, riconducibile alla scelte criminali che i personaggi di A un passo dalla vita compiono per affrontare quella che vivono come una crisi economica ingiusta, insormontabile e immeritata: è notizia di agosto quella di un gruppo di imprenditori, dell’area di Firenze, arrestati perché tentavano di risolvere i gravi problemi finanziari delle loro aziende attraverso il narcotraffico. Potrà sembrare strano ma io non invento niente, si basa tutto sull'osservazione della realtà”.

- Quali sono i tuoi progetti futuri ora? Hai già altro in cantiere o addirittura un romanzo nel cassetto?

“Al momento credo che si tratti di un discorso molto prematuro, non so cosa farò in futuro. È vero, però, che scrivendo A un passo dalla vita ho cercato di lasciare delle porte aperte per un eventuale seguito e per lo sviluppo di alcuni personaggi secondari. A dire la verità ho una mezza idea che mi frulla per la testa da un po’, ma è troppo presto ancora, anche perché se mai decidessi di realizzarla dovrei impegnarmi al massimo per creare una storia che mantenga – almeno ai miei occhi – il livello dell’originale. Vorrei prima cimentarmi con qualcos'altro, magari relativo alla mia terra, la bella e malinconica Sardegna su cui tanto ci sarebbe da scrivere”.

- Domanda finale: fatti una domanda e datti una risposta. Cosa vorresti ti fosse chiesto?

“Domanda difficile anche se all'apparenza non sembrerebbe. Forse vorrei che mi fosse chiesto perché i lettori dovrebbero leggere il mio libro. E allora risponderei così: perché rappresenta la cartolina del disagio di una generazione a cui era stato promesso il paradiso, e invece è stato riservato un inferno. Una possibile cartolina, perché esiste sempre una seconda scelta, un’altra possibilità. Non tutti, però, decidono di fare la cosa giusta, e sono quelli di cui leggiamo sui giornali ogni mattina. Per questo, A un passo dalla vita è la storia di quelli che decidono di fare la scelta sbagliata”.

Un'intervista illuminante, ringrazio nuovamente Thomas e gli auguro in grande in bocca al lupo per tutto.


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