giovedì 19 marzo 2015

Diario di una... Commessa per bene #4 il Capo III, il ritorno

Ciao a tutti, eccoci qui per un'altra emozionantissima puntata di questa rubrica che parla di una povera commessa alle prese con capo, colleghe e clienti!
Continuiamo a parlare del boss, ce ne sono mille di cose da dire su quella personcina così a modo, ma mi piace dirvele con calma, svelandolo poco alla volta.

Quest'oggi vi racconto come funzionava la malattia in quel posto.

La paura regnava sovrana all'interno di Ba.Va Trade, qualsiasi cosa poteva portare ad un'urlata epocale, come fare per salvare i tuoi timpani ed il tuo cuore dall'infarto? Nulla era sicuro, bastava che cadesse una penna per terra per liberare il Kraken. Se avevi paura a fare una domanda qualsiasi, figurati a dirgli che non potevi andare a lavoro perché indisposta. Mi è capitato due volte in un anno fortunatamente, ma entrambe le volte ho sudato freddo prima di parlargli.

Erano passati tre mesi dall'inizio del contratto, io non avevo un mezzo con cui muovermi. Quell'estate, dunque un amico mi aveva prestato uno scooterino per qualche giorno, mentre lui era in vacanza. Non ero mai salita su uno scooter, ma presto imparai, a quanto pare non così bene come avrei dovuto.
Finito di lavorare una sera mi avviai al mio scooter, una volta arrivata feci per metterlo in moto, ma questo si rifiutò ostinatamente di partire, così fui costretta a chiedere aiuto ad un uomo lì vicino che me lo mise in moto. Mi apprestai dunque a salire tutta tranquilla, non mi ero resa che l'uomo mi aveva lasciato la manopola a tutto gas. Insomma, per farla breve: scesi dal cavalletto e lo scooter partì troppo veloce, impennandosi e scalzandomi dalla sella. Che immagine ridicola, voi non avete idea di quanto mi veniva poi da ridere nel tragitto di ritorno verso casa. 
Per parare la caduta buttai indietro la mano sinistra, piegandomi malamente il polso. Non era fratturato, faceva solo un male del diavolo, non riuscivo ad usare la mano sinistra, ogni movimento troppo brusco mi provocava fitte di dolore alquanto fastidiose. 
Il medico in ospedale mi consigliò di prendermi almeno dieci giorni di malattia per permettere al polso di guarire normalmente, inutile dire che la supplicai di non darmi quei giorni in quanto Sjelko non sopportava troppo chi se ne stava a casa.
Tornai a lavoro e fu davvero una cazzata, a distanza di quasi due anni il polso mi fa ancora male, ma lì per lì non potevo fare altrimenti.
Il bello comunque arrivò un paio di giorni dopo, fattami fare le carte dall'ospedale scoprii che quello che era successo ricadeva sotto la categoria: infortunio sul luogo di lavoro, in quanto venti minuti prima l'arrivo a lavoro e venti minuti dopo essertene andata sono da contare ancora come lavoro. Cercai il modo migliore per dargli la notizia, anche perché non doveva far altro che firmare una carta per presa visione che io non avevo preso giorni di malattia, nulla di più.
Provate ad immaginare come andò a finire...

«Ehm... Dovrei farle firmare delle carte, sono stata in ospedale e mi hanno dato questo» gli porsi le carte, «da firmare per presa visione.»
Mi guardò con sguardo truce strappandomi le carte di mano. Iniziò a leggere e leggendo iniziò a gonfiarsi sempre di più. «IO NON FIRMO NIENTE, VOI VOLETE SOLDI!»
Lo guardai allibita. «Ma no, è solo per certificare che io non ho preso malattia anche se secondo l'ospedale avrei dovuto.»
«FARO' VEDERE A COMMERCIALISTA! NON MI FIDO. TANTO MI DIRA' NO FIRMARE, VEDRAI.»
«Faccia vedere al commercialista va bene, ma nessuno sta cercando di fregarla. Non è nei miei interessi.»
Mi guardò allibito non sapendo più che dire, finché distolse lo sguardo e non mi parlò più per il resto del tempo che trascorremmo lì.
Finì così, gli chiesi un altro paio di volte nel tempo se il commercialista gli aveva detto che poteva firmare, ma questi era in ferie, dopo un po' smisi di chiedere e me ne fregai. Avrei potuto tirare su un casino pazzesco per la mancanza di quella firma, ma dato che non volevo grane preferii evitare. Penso che alla fine il commercialista gli disse che poteva firmare però, perché lui non tirò più fuori il discorso, non ammetteva facilmente di avere sbagliato.

Stetti a casa un'altra volta invece, mi si era bloccata la schiena, così male da non riuscire a muovermi dal letto per due giorni, poi mi ripresi piano piano, ma mi presi più di una settimana di malattia, anche perché non mancava molto alla scadenza del mio secondo contratto e non me ne poteva fregare di meno, non avevo intenzione di avere più problemi di quelli che avevo alla schiena. Per cosa poi? Neanche un minimo di riconoscenza.

Alla prossima, folks!

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